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venerdì 13 dicembre 2024

FAUDA E BALAGAN — il Blog di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

ALFREDO DE GIROLAMO - Dopo un lungo periodo di vita vissuta a Firenze in cui la passione politica è diventata lavoro, sono tornato a vivere a Pisa dove sono cresciuto tra “Pantere”, Fgci, federazione del partito e circoli Arci. Mi occupo di ambiente e Servizi Pubblici Locali a livello regionale e nazionale. Nella mia attività divulgativa ho pubblicato i libri Acqua in mente (2012), Servizi Pubblici Locali (2013), Gino Bartali e i Giusti toscani (2014), Riusi: da rifiuti a risorse! (2014), Giorgio Nissim, una vita al servizio del bene (2016), SosteniAMO l'energia (2018), Da Mogador a Firenze: i Caffaz, viaggio di una famiglia ebrea (2019). ENRICO CATASSI - Storico e criminologo mancato, scrivo reportage per diversi quotidiani online. Svolgo progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo. Curatore del libro In nome di (2007), sono contento di aver contribuito, in piccola parte, ad Hamas pace o guerra? (2005) e Non solo pane (2011). E, ovviamente, alla realizzazione di molte edizioni del Concerto di Natale a Betlemme e Gerusalemme. Gli autori insieme hanno curato i seguenti libri: Gerusalemme ultimo viaggio (2009), Kibbutz 3000 (2011), Israele 2013 (2013), Francesco in Terra Santa (2014). Voci da Israele (2015), Betlemme. La stella della Terra Santa nell'ombra del Medioriente (2017), How close to Bethlehem (2018), Netanyahu re senza trono (2019) e Il Signor Netanyahu (2021).

L'accordo del secolo di Trump e la fine di un'amicizia

di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - martedì 04 febbraio 2020 ore 11:51

Mentre Trump enfatizza “l'accordo del secolo”, 181 pagine di propositi, progetti e mappe geografiche, per dare una soluzione all'eterno conflitto tra israeliani e palestinesi, questi ultimi replicano di aver ricevuto “uno schiaffo storico”. Due punti di vista completamente opposti. Inconciliabili. Il processo di pace in quella terra martoriata dai conflitti, ancora una volta, imbocca una strada a senso unico. Appunto, nessuna via d'uscita se non quella dell'unilateralismo. Eppure, la leadership palestinese di Ramallah con l'arrivo di Trump alla Casa Bianca aveva dimostrato apertamente un certo ottimismo per il nuovo corso post Obama. Appena insediatosi il neo presidente statunitense aveva ricevuto apprezzamenti dalla Muqata: Abu Mazen si era detto certo che il miliardario newyorchese “avrebbe sbalordito” e rilanciato i negoziati con un interessante approccio. 

Poco dopo, Jason Greenblatt inviato di Trump per il Medioriente fu ben accolto al suo arrivo nella regione, proverbiale ospitalità palestinese terminata con scambio di offese e rottura dei rapporti. Oggi Greenblatt è dimissionario da quel ruolo diplomatico immane, svolto unicamente in funzione della dottrina del suo capo, tra difficoltà insormontabili, con il crescente divario dal lato palestinese e l'avvicinamento alle posizioni della destra israeliana. A maggio del 2017, Abu Mazen e Trump si incontrano a Washington, il successore di Arafat esprime soddisfazione all'omologo per non aver trasferito l'ambasciata degli USA a Gerusalemme, come aveva promesso in campagna elettorale. Trump commentò che era un atto dovuto per riaprire lo spiraglio di dialogo, e “massimizzare le probabilità” di riuscita della futura soluzione. Secondo alcuni analisti è stata la prima e ultima volta che il presidente a stelle e strisce ha tentato “realmente” la mediazione tra le parti, da una posizione di neutralità, super partes. E allo stesso tempo con quella scelta di campo, che non durerà molto, ha offerto una finestra ai suoi più stretti collaboratori, proprio Greenblatt e il genero Jared Kushner, le due “colombe” che volavano sulla Terra Santa in suo nome. 

Quando a dicembre 2017 Donald Trump annuncia al mondo di voler spostare l'ambasciata di Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, contrariamente alla posizione della Comunità internazionale che su questa decisione si romperà perdendo lentamente pezzi, in poche ore si consuma la fine delle relazioni con i palestinesi e allo stesso tempo si palesa il futuro fallimento della missione di Kushner. Per l'Autorità Nazionale Palestinese il percorso imboccato dall'amministrazione americana non è accettabile. Il piano di pace viene ufficialmente boicottato. Scattano le prime ritorsioni di Trump, con tagli al budget dedicato agli aiuti alla Palestina. Poi finalmente a gennaio 2020 annuncia miliardi per i palestinesi se accetteranno le sue condizioni. Intanto ha scatenato la collera e il rifiuto palestinese di continuare a collaborare. La Lega Araba è con loro nella protesa, ma con qualche distinto.

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