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soNOStato giovedì 06 ottobre 2016 ore 12:49

Storie di migranti, dalla Somalia a Santa Croce

“Ho rischiato la mia vita per non diventare un terrorista” così è iniziata l’intervista ad A.C.



. — A.C. è un rifugiato somalo, che ci ha raccontato, invitato da noi, la sua storia. Il silenzio che incombeva nella classe descriveva l'imbarazzo di A.C. Fuori si poteva sentire la pioggia, fredda e bagnata com’era la fronte di quell’uomo, sudata per l'emozione, uno stato d'animo cosi forte che tutti i presenti potevano percepirlo.

La sua storia inizia nel suo paese di origine, la Somalia, nell'Africa sud-est, devastato dalla guerra, dove A. ha vissuto per 15 anni con la sua numerosa famiglia, sconvolta dalla perdita del padre avvenuta nel 2004. Nel gennaio 2010 A. viene catturato da un gruppo di terroristi sotto la bandiera ideale dell’ISLAM, chiamato Al Shabaab, che reclutava forzatamente i giovani Somali per imporre il proprio dominio nel paese.

Lo stesso giorno del rapimento fu portato in un capanno nel bosco con altri ragazzi; di qui uno di loro tentò di fuggire, ma venne scoperto e per punizione gli venne amputata una gamba. Dopo 15 giorni di prigionia ci fu un conflitto a fuoco: approfittando della confusione A. riuscì a fuggire dirigendosi verso nord. Facendo brevi periodi di lavoro riuscì a raggranellare le somme via via necessarie per raggiungere prima l' Etiopia, poi il Sudan e finalmente la Libia.

Durante il viaggio dal Sudan alla Libia il pick-up fu fermato nel deserto dai trafficanti che chiesero altri soldi. Chi non l’aveva, come lui furono lasciati a piedi. Solo alcuni giorni dopo passò un altro fuoristrada che li portò a Saba (Libia).

Da Saba raggiunse Tripoli, ma qui fu incarcerato perché privo di documenti; dopo 6 mesi di prigionia riuscì a fuggire con l' obbiettivo di raggiungere l' Europa. L' occasione si presentò quando dei compagni di fuga gli prestarono dei soldi per proseguire il viaggio.

Il 2 Agosto 2013, versati 700 dollari ai trafficanti, A. si imbarcò con altre106 persone su un barcone di appena 12 metri. Qui i suoi silenzi più che le parole ci fecero capire quanto fosse stata difficile la sua traversata durata 6 giorni: al suo posto ci parlò la mediatrice che lo accompagnava. Comunque il viaggio si concluse e A. arrivò in Italia dove riuscì a ottenere lo status di rifugiato.

Adesso A. vive a Santa Croce e studia per ottenere il diploma di terza media. Come tutti i ragazzi anche A. ha un sogno: vorrebbe diventare un meccanico, non sappiamo se mai lo realizzerà, ma si è conquistato la possibilità per farlo, un’opportunità che per a noi appare scontata e che tutti dovrebbero avere senza rischiare la vita.

Giulio Consani, ITIS “G.Marconi”


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