NOSnews giovedì 03 dicembre 2020 ore 12:19
Ricercatori toscani studiano l'Uomo di Altamura
Una ricerca degli Atenei di Firenze, Pisa e Roma Sapienza approfondisce la conoscenza del più completo scheletro di Neanderthal mai ritrovato
FIRENZE — I riflettori sono tornati ad accendersi sull’Uomo di Altamura, il più completo scheletro di Neanderthal mai scoperto e uno fra i più antichi, risalente a circa 150mila anni fa.
Il progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell'Università e della Ricerca e autorizzato dalla competente Soprintendenza Archeologica, ha permesso una serie di indagini scientifiche condotte negli ultimi anni ed i risultati iniziano ora a essere pubblicati su riviste internazionali.
Lo studio appena pubblicato su PLOS ONE si è occupato dei denti del Neanderthal di Altamura e del suo "apparato di masticazione" mascella e mandibola. Lo hanno realizzato insieme l’Università di Firenze, la Sapienza Università di Roma e l’Università di Pisa. I responsabili delle unità operative sono stati Jacopo Moggi Cecchi, antropologo dell’Ateneo fiorentino, Damiano Marchi (Università di Pisa) e Giorgio Manzi (Sapienza Università di Roma), che è anche il coordinatore del progetto complessivo del MUR.
Il gruppo di ricerca ha condotto una serie di osservazioni e rilevamenti sul posto, calandosi all’interno della grotta ed utilizzando strumentazioni altamente tecnologiche come microsonde e raggi X..
Il coordinatore ha spiegato “La presenza del terzo molare o "dente del giudizio" e il grado di usura masticatoria indicano un individuo adulto, piuttosto avanti negli anni, ma non anziano. L'uomo doveva aver avuto qualche problema di salute; è stata infatti osservata la perdita di due denti prima della morte: uno lo aveva perso da diversi anni, l'altro in tempi successivi. È una delle rare volte nelle quali si osservano queste circostanze in un Neanderthal, visto che nella preistoria antica l’incidenza di problemi dentari era molto bassa”.
Rinvenuto nel 1993 in Puglia, nelle profondità della grotta carsica di Lamalunga in Alta Murgia, si trova imprigionato nella roccia a diversi metri di profondità, coperto di incrostazioni calcaree che ne rendono difficile l’osservazione. L’eccezionale reperto, testimonianza di un uomo preistorico precipitato in un pozzo naturale dove morì di stenti, è di fondamentale importanza per i ricercatori.
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