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hanNOScritto martedì 09 aprile 2019 ore 00:04

Qualcuno dice NO!

Considerazioni a margine del libro di Roberto Cappuccio



PISA — Nella presentazione del libro Qualcuno dice NO! negli ampi ambienti di Arsenale2 in via S.Martino, 69, l'autore ha affrontato il problema del bene e del male nella storia. Al termine della lettura si rimane pensierosi e un po’ smarriti. Nella prima parte siamo indotti a rispecchiarci nei personaggi, rivivendo la loro esperienza. Dalla lettura si evidenzia che personaggi storici negativi, anche responsabili di gravi eccidi, sono spesso più conosciuti di quelli positivi, che hanno saputo opporsi alla violenza, dimostrando grande forza morale.

L’Autore propone la vicenda di uomini e donne che non lasciandosi intimorire dalle conseguenze del loro gesto hanno saputo pronunciare un “no” sfidando l’apparato del potere. Un no a difesa degli ultimi quali gli indiani nativi d’America, i negri ridotti in schiavitù, gli ebrei, i vinti, i deboli, gli emarginati, i prigionieri. Le storie si sviluppano su scenari geografici distanti tra loro – Stati Uniti d’America, Europa, Asia sud-orientale – in periodi storici diversi, dalla metà del Settecento alla seconda metà del secolo scorso.

In particolare l’Autore ha presentato all'Arsenale2 due delle tredici storie di persone coraggiose. La prima di queste persone valorose è Irena Sendler, una donna attiva nella resistenza polacca, che falsifica firme, documenti, protegge i bambini del ghetto di Varsavia durante l’occupazione nazista e che continua poi l’attività filantropica anche sotto il regime filosovietico, fino alla caduta del comunismo. Irena è morta all’età di 98 anni nel 2008, in un piccolo paese del Kansas (USA).

In un’altra storia l’Autore ha ricordato l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, quando un reggimento di SS massacrò senza alcun motivo bellico 560 persone civili, in gran parte donne e bambini. Tra quelle vittime c’era anche la famiglia di Antonio Tucci, della moglie Bianca e degli otto figli (la più grande di 16 anni e la più piccola di tre mesi) che, per tragica ironia della morte, poco tempo prima si erano rifugiati in quel paesino sperduto proprio per salvarsi dalla guerra.

La seconda parte del libro affronta, da persona competente in chiave psicologica e sociale, i fatti descritti nella prima. L’analisi dell’Autore giunge alla conclusione amara che il male prevale sul bene, per l’indifferenza dei più di fronte ai drammi di cui sono testimoni.

gdb


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