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desigNOS giovedì 25 marzo 2021 ore 09:11

Dalla pandemia alle folle degli impressionisti

Renoir

Un tema caro agli impressionisti che si lega alle nostre vite attuali sono i gruppi o folle di persone, quelli che oggi denominiamo “assembramenti”



FIRENZE — In questo periodo di pandemia tutti noi, appena ci è stato possibile, abbiamo cercato spazi all’aria aperta, in parchi e in giardini, per evitare luoghi chiusi o affollati e riappropriandoci così di posti sin qui trascurati sia nella nostra città, sia in luoghi immersi nella natura. Ci siamo accorti di esserci dimenticati, perché troppo presi dalla routine giornaliera, del piacere che ci può provenire, a due passi dalla città, dall’essere circondati da fiori e alberi, magari alla luce di un tiepido sole, anche invernale e imparando ad apprezzare questa nuova vita “en plein air”.

“En plein air” in francese significa proprio “all’aria aperta” e con questo nome fu chiamata la modalità di lavorare dei pittori del periodo artistico detto impressionismo.

Fra i molti altri citiamo Monet, Cezanne, Renoir, Degas. Questi artisti dipingevano cercando delle location immerse nella natura al fine di poterne coglierne i dettagli, per dipingerne tutte le minime sfumature della luce e per “catturare” i colori del paesaggio per riportarli nel loro quadro.

Anche l’attrezzatura che utilizzavano era molto agile: colori in tubetto e il così detto “cavalletto da campagna” al fine di poter dipingere quadri che riuscivano a completare in brevissimo tempo, direttamente nei posti in cui si sentivano ispirati.

“Per fare questo disegno sono bastati cinque minuti. Ma ci sono voluti sessant'anni per arrivarci!”, usava dire Renoir.

Sicuramente conosciamo tutti, direttamente o almeno per averne sentito parlare, le celebri “Ninfee” di Monet, che lui stesso mise a dimora insieme con numerose altre specie di fiori in un piccolo laghetto nel giardino da lui allestito nella sua casa di Giverny. Le rappresentò in modo incessante e quasi ossessivo nelle sue opere, tutte sullo stagno delle ninfee in cui, variando ogni volta il punto d’osservazione e la stagione e con questa la luce, le ninfee ci appaiono sempre diverse.

“Mi è occorso molto tempo per capire le mie ninfee. Le avevo piantate per il gusto di piantarle, e le ho coltivate senza pensare di ritrarle… Non si assorbe un paesaggio in un solo giorno… Ed ecco che, all’improvviso, ho avuto la rivelazione dalle fate del mio stagno. Così ho preso la mia tavolozza e, da allora, non ho avuto altri modelli”.

Ed effettivamente è proprio così, dato che Monet ha dipinto lo stesso soggetto circa 250 volte.

L’11 Novembre 1918, all’indomani dell’armistizio, in segno di pace, volle esporre le sue “fate” nel museo dell’Orangerie, da lui voluto a Place de la Concorde, a Parigi.

Se a Monet l’Impressionismo deve il suo nome, non è certo l’unico ad usare la tecnica en plein air, un altro celebre artista della stessa corrente che dipinge stando immerso nella natura è Renoir che, stanco degli atelier cittadini e della monotona vita accademica, si reca durante l’estate a Chailly en Bière (anche in compagnia dello stesso Monet) e da quel momento si converte interamente alla pittura en plein air. Dipinge figure femminili e gioca con padronanza con le luci e le ombre per rappresentare al meglio la natura.

Un altro tema rappresentato dagli Impressionisti che si lega alle nostre vite attuali è la rappresentazione di gruppi o folle di persone, quelli che oggi, con una connotazione negativa, denominiamo “assembramenti”, da evitare come pericolosi per la diffusione del virus.

Forse oggi vedere quadri come “Ballo al Moulin de la Galette” di Renoir o “La colazione dei canottieri” può renderci un po’ nostalgici di tutti quei momenti passati in cui non dovevamo preoccuparci di indossare mascherine o di mantenere un distanziamento. Del resto sappiamo bene che la Parigi della fine dell’ ‘800 è una città estremamente vivace e che sta diventando proprio in quel periodo una vera metropoli, grazie agli interventi del barone Haussmann che aveva fatto demolire le strette vie della città sostituendole con ampi viali e aveva fatto installare i lampioni elettrici nelle strade, dando inizio ad un’epoca di progresso in cui Parigi si sarebbe distinta per gli eventi culturali, l’arte, la musica, i balli, le feste, i cafè, i bistrot e i teatri.

Così non dobbiamo stupirci se gli Impressionisti indulgono nel dipingere scene di feste, di balli affollati o tipici bar parigini con presenze femminili dall’aria malinconica, come nel bar delle Folies-Bergère di Manet, dato che, come abbiamo detto, quegli artisti amavano rappresentare ciò che vedevano, ovvero la loro vita quotidiana.

Dunque in questo nostro periodo difficile potremmo provare a sentirci anche noi degli “Impressionisti” trascorrendo da soli le nostre giornate nella natura e limitandoci ad ammirare in questi magnifici quadri le feste, la vita mondana notturna e i bistrot affollati.


Ludovica Straffi

Classe 4C Liceo Classico Michelangiolo, Firenze


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