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desigNOS venerdì 09 aprile 2021 ore 08:41

American Art, da Edward Hopper a Andy Warhol

Edward Hopper

La mostra American Art 1961-2001 in programma a Palazzo Strozzi ha ispirato una studentessa ad approfondire lo studio delle icone dell'arte americana



FIRENZE — Sapere che sarà inaugurata presto a Firenze una mostra che, forse per la prima volta, racconta l'arte figurativa moderna prodotta negli Stati Uniti tra le date d’inizio della Guerra del Vietnam e dell'attacco dell'11 settembre 2001, mi ha portato a indagare nelle origini delle forme d’arte figurative moderne di quel paese.

Certo non è così facile stabilire una data d’inizio per l’Arte americana, ma senza dubbio si può iniziare a parlarne già dalla metà dell’‘800. E otterrà sempre più successo a partire dai primi anni del XX secolo. Negli anni ‘30 del 1900 infatti, Edward Hopper realizzava alcuni tra i più celebri dipinti del secolo, con scenografie in stile cinematografico, con i personaggi che sembrano inquadrati da una cinepresa. Da questa familiarità dell’artista con la cinematografia ne consegue che molti film abbiano ripreso e fatte proprie alcune particolari inquadrature di Hopper, da La finestra sul cortile di Hitchcock fino al più recente La La Land di Chazelle.

L’uso delle luci e delle ombre, l’attenzione ai contorni e all’ambientazione sono caratteristiche distintive di quell’artista. Sono sue le parole “io non voglio dipingere la gente che gesticola e che esprime emozioni, quello che voglio fare è dipingere la luce su un lato di una casa”. Hopper dipinge scene di vita quotidiana in cui i soggetti sono soli, o sono chiusi in sé stessi e nei loro pensieri. Tutto si svolge nel silenzio e appare come visto da uno sguardo triste e assente. Ma non dobbiamo dimenticarci il periodo storico in cui Hopper vive. Siamo al centro della così detta “Grande Depressione” e negli Stati Uniti si registrano tassi altissimi di disoccupazione e l’economia sta attraversando un grave momento di crisi.

Fra gli artisti americani vissuti i quegli anni sono noti anche Andrew Wyeth e Norman Rockwell. Le opere di Wyeth sono malinconiche e misteriose, com’è il personaggio raffigurato in Turkey Pond, il suo amico Walt Anderson, ritratto di spalle mentre attraversa un campo. Rockwell invece è noto principalmente per i contenuti politici delle sue opere, spesso a favore dei diritti umani e civili, come nel dipinto “Il problema con cui tutti noi viviamo” che raffigura una bambina di colore che è scortata da 4 uomini per difenderla dal razzismo locale, rappresentato dalla minacciosa scritta “Nigger” su un muro dietro di lei, certamente opera della congrega razzista del Ku Klux Klan.

Venendo a esaminare tempi più vicini troviamo, negli anni ’60, il celeberrimo Andy Warhol, che è un personaggio impegnato su più fronti, dalla pittura alla scultura, dal cinema alla pubblicità. La sua composizione grafica The shot Marilyns è costituita da 4 tele, ciascuna con un ritratto diversamente colorato e “solarizzato” di Marilyn Monroe e con sfondi anch’essi di colore diverso. Ma ogni tela ha un foro, procurato da un proiettile! Successe infatti che un’amica di Warhol, Dorothy Podber, lo andò a trovare e gli chiese: Can I take a shot? Cioè: Posso sparare un colpo? Ma Andy capì: Can I take a shoot? Posso fare uno scatto fotografico? E acconsentì. La donna, con un revolver sparò realmente alle quattro immagini dell’opera che così, da quel momento, è nota come The shot Marilyns. Le Marilyn dell’artista sono ormai delle vere e proprie icone!

Lo stesso si può dire delle sue opere che raffigurano lattine di Coca-Cola, rappresentate con colori e posizioni diverse e con ogni tipo di sfondo. A questo proposito sarà interessante visitare la mostra “American Art 1961-2001” programmata a partire dal 28 maggio, pandemia permettendo, a Palazzo Strozzi, a Firenze (con un’anticipazione per gli insegnanti il 15 e il 19 aprile). Andy Warhol ne sarà uno dei protagonisti in quanto è uno degli esponenti emblematici della Pop Art, la corrente artistica che prende il nome da popular art e che si propone di raffigurare prodotti commerciali e comuni come le lattine della Coca Cola o gli ormai famosissimi barattoli della Campbell’s Soup. La pop art, sull’onda della nascente importanza della grafica pubblicitaria, ha una gran presa sulla società americana. Se nelle opere di Hopper si era osservato il decadimento e la desolazione dell’America degli anni ‘30, ora con Warhol e compagni è presentata una facciata completamente diversa.

Il consumismo, la televisione, i mezzi di comunicazione, le forme grafiche pubblicitarie come i grandi poster e le locandine dei film, diventano i nuovi soggetti dell’arte, non rilevati necessariamente dalla critica, ma piuttosto dall’accoglienza popolare, a testimonianza dei nuovi trend del gusto.

Ludovica Straffi, 

4C Liceo Classico Michelangiolo, Firenze


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