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terraNOStra martedì 01 maggio 2018 ore 15:09

Stefano Silvestri, una vita a studiare l’amianto

Arrivare presto ad avere un paese “de-amiantizzato” senza fare sconti alla prevenzione, né per gli esseri viventi, né per l’ambiente.



FIRENZE — Abbiamo incontrato uno dei maggiori esperti italiani sul tema dell’amianto.

1) Dott. Silvestri, cos'è l'amianto? È davvero pericoloso? Perché e in quali casi?    1.Si tratta di un minerale particolare, con fibre simili a quelle vegetali o animali. Quando l’uomo scoprì che l'amianto non era intaccato dal fuoco, credette che avesse poteri magici. Quando poi, nel XX° secolo, furono scoperte altre sue proprietà tecnologiche, ne iniziò l'utilizzo in grande scala, in tutto il mondo.   2.E' pericoloso perchè le sue fibre microscopiche, se inalate a lungo, raggiungono e si accumulano negli alveoli polmonari determinando il rischio che si sviluppi il cancro. 3.Quasi tutti gli ammalati da amianto sono lavoratori che hanno “respirato” amianto in concentrazioni elevate e per decine di anni, in particolare dagli anni '50 alla fine dei '70, quando le protezioni dalle “polveri” nei luoghi di lavoro erano scarse.

2) Quali iniziative dovrebbero essere attuate per prevenire il rischio dellesposizione da parte dei cittadini?    Fibre di amianto sono onnipresenti in tutta l’aria-ambiente a concentrazioni bassissime. I manufatti che lo contengono sono molto diffusi ed i più comuni sono i materiali per l’edilizia tra cui le famose tettoie ondulate costituite da cemento in combinazione con l’amianto (in un rapporto di 8:1), chiamate “eternit” dal nome dell’azienda produttrice. Con il deteriorarsi di queste lastre, dovuto al tempo e agli agenti atmosferici, delle fibre possono essere dilavate dall'acqua o trascinate via dal vento per diffondersi in aria. Oggigiorno le analisi nell’atmosfera ci dicono che le concentrazioni di queste fibre sono più contenute di quelle presenti prima del Bando dell’amianto e sono decisamente irrisorie se confrontate con quelle che erano presenti negli ambienti di lavoro di 40 o 50 anni fa. Fra le iniziative possibili sarebbe certamente utile che i media evidenziassero quest’aspetto, contribuendo così a limitare il diffondersi di una indiscriminata insicurezza e anche paura nei cittadini contrastando così l’azione di alcune figure di politici e di avvocati che, a volte, sembrano voler accentuare gli allarmismi.

3) Da parte delle istituzioni, al di là degli allarmismi, crede che ci sia volontà di risolvere il problema? Cosa ci può dire sui progetti in corso   Ti ringrazio per questa domanda che richiede una premessa e, mi perdonerai, una risposta un po’ lunga. Parlo della Toscana dove opero maggiormente. Le ricerche periodicamente ripetute in questa regione da trent'anni ci confermano che le malattie da amianto possono definirsi “professionali” o “para-professionali”, in quanto si è evidenziato che si manifestano solo tra gli operai che hanno lavorato quel materiale e, in qualche caso, tra i loro familiari (in particolare le mogli, per il fatto che ne lavavano gli indumenti). Fra gli oltre 2000 casi di “mesotelioma” (nome del cancro legato all'esposizione all’amianto) registrati nella regione Toscana non ve ne sono di attribuiti a una esposizione alle fibre di amianto nell'ambiente, neanche tra coloro che abitavano in vicinanza di fabbriche che trattavano questo minerale, o in aree dove sono diffuse le coperture in eternit.   Quanto alla volontà di risolvere il problema si deve dire che c'è, ma mancano, come spesso accade, purtroppo, le risorse. Leggi, Regolamenti e Piani non mancano, sia a livello statale, che regionale, che comunale, ma le esigenze finanziarie richieste spesso li fermano sul nascere. Come l’ottimo Piano Nazionale Amianto, nato a Venezia nel 2012, ma bloccato nel 2013 dal Ministero delle Finanze. La maggior parte delle bonifiche è a carico dei privati e una legge che dovesse imporre la rimozione in tempi brevi suonerebbe di impopolarità e dunque per ora non è stata promulgata.

Una soluzione potrebbe essere, e qui vengo a parlare del mondo del lavoro e di voi giovani, quella di trasformare il problema in una risorsa. Si consideri che le bonifiche richiedono mano d’opera ed oggi in Italia gli addetti del settore sono circa 20.000. Al ritmo con cui oggi si effettuano le bonifiche dureranno altri 70 anni. Ecco allora che, se raddoppiassimo il ritmo, creeremmo 20.000 nuovi occupati ottenendo lo stesso risultato in 35 anni, dimezzando così il tempo di permanenza di questi materiali. E così via. Per ottenere questo occorre pensare a degli incentivi che convincano i “privati” a bonificare, come ad esempio gli sconti fiscali. Qualche anno fa il cosiddetto “Conto Energia” ha fatto crescere il numero delle bonifiche del 50% circa: si installavano pannelli fotovoltaici al posto dell’eternit. Ancora oggi, nella L.Finanziaria 2018, esistono incentivi sfruttabili per bonifiche dellamianto, ma temo che la notizia non sia sufficientemente diffusa. Oltre agli incentivi vanno ridotti i costi dello smaltimento, p.es. aprendo nuove discariche a km zero dove interrare i rifiuti. Si risparmierebbe nel trasporto, che oggi raggiunge la Germania (!), e milioni di euro potrebbero così restare nel nostro paese, invece che essere regalati all’estero, dove va circa il 70% dei rifiuti contenenti amianto. Per le discariche incontriamo però altri problemi: i sindaci dei comuni che potrebbero ospitarle negano l’autorizzazione, perché, dicono, i cittadini hanno paura e non le vogliono. Ma ricordo che questa paura è alimentata da notizie tendenziose o almeno incomplete, lette qua e là, o ascoltando alcuni avvocati. In realtà i dati scientifici ci dicono che intorno alle discariche i rischi di contaminazione non ci sono in quanto le discariche ci consentono di rimettere lamianto dovera, cioè sotto terra, ma a questo proposito l’opinione diffusa è che gli scienziati ”mentono", un po’ la stessa cosa che avviene sul tema dei vaccini ….

4) Dottor Silvestri, a consuntivo di una vita passata a studiare questo cancerogeno, quali le gioie e quali invece le delusioni?   Non posso nascondere che ci sono state, nel tempo, alcune delusioni, ma credo sia inevitabile, in un’intera vita di lavoro dedicata a una missione. Peraltro devo dire di essere molto soddisfatto di aver fatto parte della squadra di operatori pubblici e di consulenti della magistratura che da più di trent’anni si battono per la messa al bando del composto, per avere una normativa adatta a praticare la prevenzione, per far riconoscere alle vittime e ai loro familiari i loro diritti, al fine di arrivare presto ad avere un paese “de-amiantizzato”, senza fare sconti alla prevenzione, né per gli esseri viventi, né per l’ambiente.

Bene l’intervista è conclusa. La ringrazio davvero, Dott. Silvestri, anche a nome dei nostri lettori, per la serietà scientifica e la considerazione umana che ci ha dedicato.

Elisa Gini

Classe 5A Liceo Scientifico XXV Aprile, Pontedera (PI), Toscana


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