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NOSpettacoli venerdì 03 febbraio 2017 ore 22:29

Green Day a Firenze

Firenze, 11 gennaio: a “Revolution Night” al Mandela Forum



FIRENZE — Era dal 2013 che non mettevano piede in Italia i Green Day, la band californiana che ci ha regalato dei capolavori eterni che tutti saprebbero canticchiare (un fra tutti, senza dubbio, “21 guns”). E, neanche da dirlo, le quattro date tricolori (Torino, Bologna e Milano, oltre a Firenze) sono state sold-out dopo pochi minuti, i palazzetti riempiti sia dai “veterani” che seguono la band dai tempi di Dookie,l’album che nel 1994 li ha portati alla fama internazionale, sia dai giovani, innamoratisi recentemente del loro inconfondibile sound molto punk-rock

Billie Joe Armstrong, voce e chitarra del gruppo e la sua “band del liceo” tornano con un nuovo ruggente album “Revolution Radio” dopo la lunga pausa che dal 2014 li vede lontani dallo studio di registrazione, ribadendo ancora una volta il concetto di “punk politico” che li ha un po’ sempre caratterizzati. Un nuovo album che li porta a un nuovo tour mondiale, che l’Italia, da sempre dichiarata tra le grazie del frontman, ha il privilegio di aprire.

Con queste premesse lo spettacolo non poteva essere che indimenticabile e così è stato. Più di due ore di musica ininterrotta, un Billie Joe che pare risorto dalle sue ceneri, dopo la riabilitazione che lo aveva portato, insieme alla band, lontano dalle scene per ben tre anni. "Because tonight we are here together, Firenze. For freedom” ci urla nel microfono, una bandiera tricolore al collo, un mare di mani alzate al cielo sotto di lui. Ci promette che tutto ciò che c’è di male nel mondo, tutto ciò che le sue “songs” condannano, è lontano da noi, che, per quella serata, il palazzetto è il nostro mondo privato, in cui siamo tutti insieme, alla pari, in nome di una libertà che spesso pare troppo lontana. Perché, come dirà in un’altra tappa del tour, più avanti, la musica può cambiare, può salvare il mondo, ed è per questo che la ama, che noi la amiamo. Quindi non è solo per un po’ di divertimento che tutti noi abbiamo barattato la nostra voce, già sparita a meno di metà concerto. E’ per il messaggio di speranza lasciatoci da quel quarantacinquenne che ancora gioca a fare il ragazzo, saltando sul palco, instancabile e regalandoci un capolavoro dopo l’altro, senza sosta. E’ per quella speranza che il mondo non è solo crudeltà e odio, ma anche mille braccia tese verso il cielo, mille voci un po’ stonate che intonano insieme “I beg to dream and differ from the hollow lies” (Mi permetto di sognare e di differire dalle bugie vuote) nella canzone “Holiday”.

Rachele Zanobini 

4ASA ITIS Marconi


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